Rocco Gatto, il mugnaio che non si piegò
- Francesco Garofalo

- 2 giorni fa
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Ci sono luoghi in cui la legalità è un valore fragile e spesso minacciato. Difenderla richiede fermezza e consapevolezza, una fermezza che può diventare motivo di condanna.
Rocco Gatto si oppone con tutte le sue forze al pizzo. Di professione fa il mugnaio, lavora duramente, e di estorsioni non ne vuole sentir parlare. Aveva ereditato il mulino dal padre, ma la sua storia comincia molto prima: Rocco aveva dovuto lasciare la scuola quando frequentava la quarta elementare per aiutare la famiglia con il lavoro. Da ragazzino iniziò a fare il garzone in un mulino, un mestiere duro, faticoso, che però lui svolse sempre con dedizione assoluta.
Nella Locride, a Gioiosa Ionica, la ’ndrangheta faceva sentire sempre di più il suo peso. Rocco quel peso lo sentiva tutto sulle sue spalle: da tempo gli Ursini avevano messo gli occhi anche sulla sua attività. Ma lui era irremovibile. Minacce e intimidazioni erano all’ordine del giorno, eppure lui non arretrava di un passo. Aveva denunciato pubblicamente questi episodi, addirittura in televisione. “Mi hanno distrutto il lavoro di vent’anni. Ma io lotterò sempre, lotterò fino alla morte”, aveva detto. “Non mi interessa: io i miei soldi a quella gente non li darò mai.”
Quando i giornalisti della Rai andarono a Gioiosa Ionica per intervistarlo per la trasmissione Stasera G7, Gatto denunciò davanti alle telecamere aggressioni, furti e minacce ricevute e aggiunse: “Ci sono quelli che pagano le mazzette e non dicono niente. Io personalmente lotterò, sempre, fino alla morte!”.
Il 12 marzo 1977, lungo la strada che collega a Roccella Ionioca, i sicari lo attendono: viene trucidato con diversi colpi di lupara.
Sarà una lunga scia di sangue: a Rosarno ammazzano il giovane Peppe Valarioti e da lì a poco a Cetraro cade Giannino Losardo, sindaco e assessore comunale. Una stagione terribile, segnata da un attacco feroce contro uomini che non hanno esitato a denunciare il malaffare e ogni forma di illegalità.
Una toccante poesia di Fabio Strinati, dedicata a Rocco dice:
Onesto fino in fondo
come la primavera che arriva lesta
e nei campi pronti e dormono intorno,
ancora gli eleganti gigli
come grilli ai confini di una notte pesta
che arriva in fretta come serpenti
viscidi, nell’ombra del peggior inganno…,
come la morte maligna che lavora sempre,
senza riposo nemmeno quando il sole presta
quel suo raggio alla domenica in festa,
e le campane, che rintoccano il tuo nome buono
senza chiederti nemmeno un soldo
di mazzetta!












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