PALAZZINA LAF: Non solo un film
- Lavinia Carbonara
- 18 nov
- Tempo di lettura: 3 min
Palazzina LAF è un film del 2023 scritto, diretto e interpretato da Michele Riondino, ruolo che gli è valso il David di Donatello come miglior attore protagonista nel 2024.
La pellicola è tratta dal libro Fumo sulla città di Alessandro Leogrande, scrittore tarantino che ha dedicato la sua opera a raccontare la realtà della sua città e la lotta alle mafie.
Nel cast compaiono attori molto noti, tra cui Elio Germano, Vanessa Scalera ed Eva Cela.
La storia si svolge a Taranto nel 1997 e segue Caterino Lamanna, operaio dell’Ilva che viene improvvisamente promosso dai dirigenti per svolgere il ruolo di spia: deve osservare e pedinare i suoi colleghi per riportare tutto ai superiori.
Poco dopo, i lavoratori ritenuti più “scomodi” vengono trasferiti nella Palazzina LAF (acronimo di Laminatoio a freddo), dove vengono pagati per non fare assolutamente nulla.
Le giornate scorrono tra partite a carte, canzoni, balli e tentativi di riempire il tempo con qualsiasi cosa… tranne il proprio lavoro. In apparenza, potrebbe sembrare il sogno di chiunque: fare ciò che si vuole ed essere persino pagati.
Per Caterino, all’inizio, questa situazione sembra davvero l’inizio di un sogno. Ma dietro quel silenzio ovattato si nasconde una realtà cupa e umiliante. Con il passare dei giorni, arriva a capire che la Palazzina non è solo un reparto isolato: è un luogo di annientamento psicologico, una forma di umiliazione e alienazione pensata per mettere a tacere i lavoratori “indesiderati”.
È facile pensare a tutto questo come alla semplice trama di un film… e in effetti lo è.
Ma purtroppo non solo.
Nella realtà, i nomi cambiano, ma i fatti no: questa è stata davvero la situazione vissuta a Taranto negli anni ’90.
IL SILENZIO : che brutta bestia!
Perché in questa storia parliamo di silenzio? Perché è così importante?
Perché è proprio il silenzio il fattore scatenante del primo caso riconosciuto di mobbing collettivo all’interno di un’industria in Italia.
Trent’anni fa, l’Ilva di Taranto fu al centro dell’ennesimo scandalo sul posto di lavoro:
79 lavoratori vennero spostati nella Palazzina LAF e pagati per non fare letteralmente nulla durante le loro otto ore lavorative.
Ma perché accadde tutto questo?
Operai, impiegati, magazzinieri e chiunque si rifiutasse di aderire al declassamento tramite la cosiddetta “novazione” del contratto venivano considerati scomodi. Non potendoli licenziare, la soluzione fu isolarli e metterli a tacere: otto ore al giorno in un limbo senza mansioni, aspettando semplicemente che la giornata finisse.
Nel 1997 un’ispezione dell’Ispettorato del lavoro portò alla luce ciò che stava accadendo nella Palazzina. L’anno successivo, grazie all’allora procuratore Franco Sebastio e ai carabinieri, i lavoratori furono finalmente “liberati”.
Il caso approdò in tribunale.
L’8 marzo 2006, la sesta sezione penale della Cassazione confermò le condanne per tentata violenza privata a carico di dirigenti, quadri e titolari dello stabilimento. Tra i condannati figuravano il presidente del Consiglio di amministrazione dell’Ilva, Emilio Riva (un anno e sei mesi), e il direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso (un anno e otto mesi).
Questa storia ci insegna che a volte il silenzio è la forma di tortura più potente: permette ai sistemi ingiusti e alle organizzazioni criminali di continuare a esistere e prosperare.
Per questo vi invito a guardare questo film, a informarvi e a portare con voi la forza di questa denuncia sociale, così come è rimasta impressa in me.












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