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"Me lo aspettavo": Don Pino Puglisi.

  • Immagine del redattore: Francesco Garofalo
    Francesco Garofalo
  • 13 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

Don Giuseppe Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio, il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio, Carmelo, e di una sarta, Giuseppa Fana, e viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno. Don Pino è stato riconosciuto martire e beatificato nel 2013, annoverato tra coloro che hanno testimoniato con la vita l’impegno per il Vangelo e la legalità.


A Brancaccio, la mafia fa sentire la sua forza, ma tanti sono i giovani, che nel solco del sacerdote palermitano, raccontano la loro testimonianza dove hanno vissuto e seminato speranza. Una di questi, è Valentina Casella, nata a Palermo, da sempre impegnata con i bambini del quartiere attraverso attività di oratorio, gioco in strada e momenti di crescita condivisa, crede che la missione oggi passi anche dal restituire dignità ai luoghi e alle persone, camminando insieme senza fare rumore ma lasciando tracce. Nel suo percorso, nel 2014 il servizio per strada, si forma il gruppo “I Care” il gruppo giovani della parrocchia, ragazzi di Brancaccio che scelgono di prendersi cura del proprio quartiere a cominciare dai piccoli. L'abbiamo sentita, e ci ha raccontato la sua storia e il suo impegno.


Valentina, tu sei nata a Brancaccio e hai deciso di offrire il tuo impegno a questo quartiere. Cosa ti spinge a farlo?


"La scelta di mettermi a servizio del mio quartiere è sicuramente una scelta di cuore, io a Brancaccio ci sono nata e ci sono rimasta, perché sono tra quei ragazzi fortunati che proseguendo gli studi hanno avuto delle possibilità in più. Queste possibilità non potevo tenerle per me, dovevano servire a qualcosa di più che un mero bagaglio culturale, allora la scelta è stata occuparmi dei bimbi, quei bimbi che sono anche i figli dei miei compagni di scuola, diventati genitori troppo presto. La scelta di cuore viene confermata dalla presenza di Puglisi nella mia vita, che non ho conosciuto direttamente ma che ha segnato i miei passi da sempre".


Su impulso dell'Acivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nasce il Centro Diocesano Pino Puglisi. Perché nasce e di che cosa vi occupate?


"Lo scorso 15 luglio don Corrado mi ha nominata direttrice del centro diocesano “Padre Pino Puglisi, martire ucciso dalla mafia” che ha lo scopo di tenere viva la memoria 3P, di custodire e fare conoscere la sua eredità spirituale, pastorale e sociale e il suo martirio. Non ti nego che è una bella responsabilità, ma allo stesso tempo posso dirti che siamo un bel gruppo numeroso di persone che da anni credono, sostengono e lavorano per tutto questo".


Cosa significa per te e cosa senti di dire alle giovani generazioni?


"Per quanto mi riguarda, come ti dicevo prima è sicuramente una responsabilità enorme, ma proverò a mettermi a servizio della diocesi come ho sempre fatto, con il linguaggio della cura che mi è stato insegnato e che è ormai uno stile di vita.

Ai ragazzi mi sento di augurare quello che è il sigillo della vita di Puglisi, 3P come ultimo gesto della sua vita sorride, questo sorriso non gli salva la vita, ma diventa salvezza per i due killer che oggi sono persone nuove, convertite, mi sento di augurare loro di essere capaci di gesti come questo. Il sorriso di Puglisi alla fine per lui è inutile, ma lui lo compie, ecco perché ai ragazzi sento di dire di avere la forza di questi gesti, apparentemente inutili, ma che diventano salvezza per altri e restano come segni nella storia".

"Me lo aspettavo": quel sorriso ha smosso le coscienze, lasciando un'eredità di speranza.


 
 
 

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